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THE LADY Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 1 ottobre 2012
 
di Luc Besson, con Michelle Yeoh, David Thewlis, Benedict Wong (Francia, 2011)
 
Ennesimo ritorno di un regista formalmente dotato quanto regolarmente sopra le righe, capace del buono (LEON, o i successi popolari di LE GRAND BLEU e NIKITA) come del peggio (quasi tutto il resto), produttore ambizioso, ex enfant prodige del cinema francese. Ma anche qualcosa da prendere più sul serio: l'omaggio a una tra le figure più toccanti e ammirevoli della storia recente, Aung San Suu Kyi, icona birmana della resistenza alla disumana giunta militare, premio Nobel per la Pace, pacifista pronta a sacrificare la libertà e la propria vita privata in nome della democrazia.

La tragedia privata all'interno di quella pubblica. Ad Aung San Suu Kyi, per 20 anni costretta a residenza forzata nella propria villa di Rangoon, fu in pratica impedito ogni contatto con la propria famiglia rimasta in Inghilterra; con il marito insegnante ad Oxford, perfino nello strazio dei momenti terminali della sua malattia; con i suoi due figli dall'infanzia all'età adulta. Sorretto dalla tenerezza, ma al tempo stesso dall'ammirevole misura dell'interpretazione di una grande Michelle Yeoh (l'attrice di Hong-Kong cara a capolavori del kung-fu come LA TIGRE E IL DRAGONE o alle furibonde, paradossali coreografie di Johnnie To) che trova qui il ruolo della propria vita, il film dilaga progressivamente in quella direzione.

Se l'attrice è all'origine di un progetto nel quale si è sentita cosi coinvolta da passare mesi ad imparare la lingua birmana, Luc Besson aveva a disposizione (non ovviamente in Birmania, ma in Thailandia) centinaia di comparse e molte occasioni per dipingere le scene dinamiche da lui predilette in passato. Forza in effetti la mano quando si tratta di dipingere la brutalità dei generali, ricostruisce qualche scena di massa e usufruisce del materiale autentico che documenta la celebre irruzione arancione del 2006, con i bonzi nelle strade della capitale; ma l'intimismo, anche piuttosto ripetitivo, della progressione drammatica dettata dalla sceneggiatura non è esattamente pane per i suoi denti.

Cosi, se gli autori si dedicano al lungo montaggio in parallelo della famiglia crudelmente divisa, finiscono per perdere di vista tanti altri aspetti essenziali del dramma: le ragioni che hanno permesso l'oscurantismo dell'interminabile dittatura, quelle che hanno condotto la protagonista alla propria irrevocabile vocazione politica, le stesse motivazioni dell'intimo che hanno permesso l'unità di un nucleo famigliare poco indagato in profondità. Rimane Michelle Yeoh; e il suo modo indimenticabile di accompagnarsi a Aung San Suu Kyi.


   Il film in Internet (Google)

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